Il piede piatto è caratterizzato dall’appiattimento della volta plantare determinata dal rapporto delle ossa del piede, dalla maturità del tessuto connettivo costituente capsule e legamenti, e dall’attivazione dei muscoli cavizzanti.

i genitori già dai primi passi del bambino si chiedono molto spesso se la forma del piede è normale e se è necessario indossare particolari calzature o plantari affinché il piede si sviluppi in maniera fisiologica.
 In linea di massima il piattismo è un problema sopravvalutato ma questa eccessiva attenzione dipenda dal fatto che molti pediatri e specialisti ortopedici prescrivono scarpe e plantari passivi speciali non sempre efficaci o idonei in presenza di un impronta plantare piatta o per un paramorfismo (ginocchio valgo) degli arti inferiori.

le poche evidenze in letteratura tuttavia raccomandano di adottare un approccio astensionista basato sula storia naturale di questi paramorfismi che conduce nella maggior parte dei casi ad una spontanea normalizzazione.
L’evoluzione normale dell’asse dell’arto inferiore passa per un varismo per i primissimi mesi di vita per un raddrizzamento fra il primo ed il secondo anno, per un valgismo fino al 4° anno e poi un definitivo riassiamento. Anche il piattismo del piede è la normale quando il bambino inizia a camminare e questo nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente.
Il piede oltre che ad essere un organo di moto è un vero e prorpio organo di senso. E’ infatti l’organo di sostegno meccanico che trasmette i carichi al suolo durante l’appoggio ed assume un ruolo molto importante nella acquisizione di numerose informazioni propriocettive, informandoci continuamente sullo stato del nostro equilibrio e sulla nostra posizione, su dove e come siamo appoggiati al suolo.

la maggior parte dei piedi piatti lassi infantili, che solitamente preoccupano i genitori, sono delle varianti del piede normale o, molto spesso, rappresentano solo un momento dello stato evolutivo del piede durante la crescita. 
Infatti quasi tutti i piedi dei piccoli che iniziano a camminare, per la presenza di uno spesso pannicolo adiposo sottocutaneo, mostrano un’impronta plantare piatta. Durante la crescita la tendenza alla valgo-pronazione calcaneare è accentuata dalla presenza di un fisiologico valgismo delle ginocchia, dall’aumento ponderale e, spesso, dalla presenza di una relativa lassità legamentosa tipica dei bambini durante la prima infanzia
 Fino ai tre anni, perciò, i piccoli paramorfismi dell’arto inferiore in pazienti che non mostrano alcuna alterazione della regolare deambulazione non necessitano di alcun trattamento.
Il problema si pone quando il piattismo del piede permane successivamente al terzo anno di vita e la tentazione di prescrivere un ausilio ortopedico per questo problema diventa forte.
 Questa osservazione ci sembra la conferma di quanto andiamo affermando sulla base delle nostre impressioni cliniche. Il piede è un organo che necessita di essere attivamente stimolato per sviluppare al meglio le sue caratteristiche e l’utilizzo di sistemi costrittivi non possono far altro che impedirene il normale sviluppo e la normale funzionalità. Plantariu attivi.
 
L’osservazione dell’impronta plantare è il primo esame clinico che permette di fare diagnosi di piede piatto. Lo strumento più semplice è il podoscopio, attrezzo presente nella maggior parte degli studi medici pediatrici. Esistono varie tecniche per registrare l’impronta plantare, come la baropodometria elettronica, con cui , oltre alla immagine dell’impronta è possibile registrare le pressioni esercitate sulla pianta del piede durante la deambulazione.
Questoè uno strumento utile per un approfondimento scientifico dei problemi posturali, ma troppo spesso è legato ad aspetti speculativi soprattutto quando eseguito in strutture non mediche. La clinica e l’esame obiettivo sono fondamentali e l’osservazione della deambulazione permette di valutare il comportamento del piede nella sua attività dinamica. E’ sempre necessario spogliare il bambino per valutare anche le articolazioni sovrasegmentarie dell’arto inferiore, ginocchio ed anca.

Quando il bambino inizia a camminare, l’immaturità del tessuto connettivo e lo scarso sviluppo dei muscoli permettono un ampia escursione dei movimenti del piede, con l’appiattimento della volta ad ogni passo.
Questo fenomeno iniziale non e’ patologico ma un importante elemento di apprendimento.
La volta che si appiattisce permette infatti di toccare il suolo ad una serie di elementi riflessogeni posti nella pianta del nostro piede, i quali inviano informazioni cosiddette propriocettive ai centri nervosi che a loro volta azionano per via riflessa spinale i muscoli deputati alla creazione e al mantenimento della volta: piede organo di senso e non solo di moto.

Quando per cause ancora non perfettamente note si verifica un rallentamento o un inceppamento di questi meccanismi, per cui la volta plantare tarda ad assumere la sua forma e dimensione normale o non si forma affatto, ci troviamo allora di fronte ad un piede piatto.
Il cardine di tale deformita’ è a livello del retropiede, costituito da due ossa calcagno e astragalo a contatto tra di loro per mezzo di un’articolazione chiamata sottoastragalica.
L’immaturita’ e la lassita’ dei legamenti fanno infatti si che l’astragalo, l’osso che raccorda tutto il piede allo scheletro della gamba, normalmente posto sopra al calcagno, scivoli verso il basso, in avanti e internamente, trascinando con se tutte le ossa ad esso connesse anteriormente, costringendo il calcagno a ruotare.


Questo movimento di rotazione interna del retropiede prende nome di pronazione.
La conseguenza clinica e’ la classica forma del tallone che risulta deviato verso l’interno , con l’asse della gamba a livello del malleolo tibiale debordante internamente fuori dalla zona di appoggio del piede.




 
La pronazione del retropiede ha ripercussioni anche sull’ avampiede. 

La caduta dell’astragalo schiaccia infatti la testa del primo metatarso contro il pavimento, facendolo sollevare per reazione con il suolo, provocando una deformazione in extrarotazione di tutto l’avampiede che prende nome di supinazione.


La rotazione interna( pronazione) del retropiede e la successiva rotazione esterna (supinazione) dell’avampiede provocano un movimento elicoidale nel piede con la scomparsa della volta e la caratteristica caduta dell’arco longitudinale interno.
Il piede piatto è una patologia estremamente comune nella società occidentale. Tale patologia è determinata dalla caduta della volta plantare e dalla valgo pronazione del calcagno.
Nella prima fase della deambulazione  dai 10 mesi di vita fino ai 3-4 anni tale situazione è del tutto normale e fa parte della normale crescita del piede, infatti il piede correggerà  tale situazione in maniera spontanea fino ai 6-7 anni.
Solo in alcuni casi, nei quali tale piattismo è di entità maggiore, risulta consigliabile l’uso di plantari e sport atti a migliorare  l’appoggio del piede e facilitare la normale maturazione del piede stesso. Tali plantari andrebbero utilizzati, per tanto, fino al massimo ai 6-7 anni. Dopo tale periodo il plantare non riuscirà più a correggere il piede, ma potrà essere ancora utilizzato nei casi in cui il bambino lamenti dolori in assenza del plantare stesso.
Dopo i 7 anni d’età quindi dovranno essere trattati solo quei bambini nei quali il plantare non ha risolto il piattismo e la valgo pronazione del retropiede.
Perché trattare il piattismo?
In realtà il piattismo non rappresenta una patologia in senso stretto, nel senso che solo una piccola parte dei pazienti affetti da piattismo lamentano una sintomatologia dolorosa. Diversi studi hanno però evidenziato che i bambini affetti di piattismo, in effetti solo quelli con retro piede valgopronato, sviluppano maggiormente da adulti  patologie secondarie, come: l’artrosi della caviglia e l’alluce valgo. L’intervento per tanto si prefigge un intento preventivo, in maniera di evitare al bambino patologie ed interventi di maggiore entità nell’età adulta.
 
Tipologie d’intervento
Esistono diverse tecniche chirurgiche. Le più diffuse sono:
Calcagno-stop: Tramite una piccola incisione nel seno del tarso si infigge una piccola vite all’interno dell’astragalo (osso della caviglia), la parte terminale della vite, che presenta un’ingombro maggiore (di solito sferica), viene a trovarsi in questo modo nel seno del tarso e si oppone in questa maniera alla pronazione del calcagno (osso del tallone), correggendo la pronazione  e facendo risalire la volta plantare.
Al termine dell’intervento si utilizzano 2 tutori con i quali il bambino si può mettere in piedi dopo 2-3 giorni  e deambulare con l’ausilio di 2 stampelle, dopo  circa 3 settimane si rimuovono i tutori ed il bambino rimane libero. Le viti vengono mantenute per circa 18 mesi , tempo necessario all’organismo di apprendere la  correzione del piede ed il nuovo programma motorio, quindi si esegue l’intervento di rimozione.
Endortesi: Tramite una una piccola incisione nel seno del tarso si infigge una piccola vite metallica o di materiale riassorbibile all’interno del  seno del tarso e si oppone in questa maniera alla pronazione del calcagno (osso del tallone), correggendo la pronazione  e facendo risalire la volta plantare.  Al termine dell’intervento si utilizzano degli stivaletti gessati. Quindi se l’intervento viene praticato in un solo piede al bambino è concessa la deambulazione sull’arto sano con  l’ausilio di 2 stampelle, se l’intervento è bilaterale il bambino rimarrà a letto fino alla rimozione dei gessi, che avviene dopo circa un mese. Le viti saranno rimosse anche in questo caso dopo circa 2 anni, se si utilizzano endortesi riassorbibili non vi sarà bisogno di rimozione. 

Quali piedi trattare e a che età
Tutti gli studi mondiali hanno dimostrato che i piedi che devono essere trattati, perché a rischio di portare a patologie secondarie sono quelli con il retropiede valgopronato  anche se non necessariamente piatto. Possono rispondere all’intervento anche i piedi piatti con retropiede in asse, qualora sia presente già un alluce valgo od una sintomatologia dolorosa. 
Non devono essere altresì trattati quei piedi piatti non correggibili in punta di piedi. In tale evenienza il piede piatto valgopronato potrebbe celare una sinostosi (patologia ossea non correggibile con i normali interventi di calcagno stop ed endortesi), in questi casi un esame radiografico e TAC si rende indispensabile per escludere una sinostosi.
Le età igliori per eseguire l’intervento sono comprese fra gli 8 ed i 12 anni. In alcuni casi selezionati si può effettuare l’intervento anche ai 13-14 anni, naturalmente le possibilità di completa risoluzione del piattismo cala con l’aumentare dell’età.